BELT
I
Un altro giorno.
Un altro giorno tra le rocce e la sabbia in cerca del necessario per sopravvivere.
La polverosa pianura centrale era completamente disabitata da solo Dio sa quando. Le uniche cose che la popolavano erano i “Metallici”, che vagavano senza sosta. Apparivano dal nulla e scomparivano al di là delle colline, portandosi dietro il segreto su chi li avesse costruiti e su cosa avesse ridotto il pianeta in quella condizione desolante.
Quando era fortunato, A. ne vedeva uno accasciarsi a terra esausto, e allora ne approfittava per frugare tra le lamiere morenti in cerca di pile atomiche o serre automatix ancora attive.
Una nuova razza artificiale dominava quelle lande desertiche e come per i dinosauri, sarebbe servita un’altra apocalisse per eliminarla.
E i giorni passavano tutti identici.

II
Sul ponte di comando della Akagi la situazione era tesa.
Il capitano Nakajima era logorato dal pensiero dell’ordine più adatto da dare. Sapeva che anche altre nazioni avevano fatto in tempo ad attrezzare navi per sfuggire alla pandemia che aveva reso inabitabile la Terra, e quel puntino all’orizzonte non rispondeva ai messaggi di riconoscimento imperiali.
Per mesi lui e i suoi collaboratori avevano cercato di mettersi in contatto con il comando centrale, ma nulla.
Era solo contro tutti.
E quella era una guerra per la sopravvivenza.
Gli tornarono in mente i racconti della disfatta di 400 anni prima, quando la sua nave, colpita dai bombardieri americani, rimase ad arrugginire sul fondo del mare al largo di Midway, inutilizzabile per generazioni.
Il volto gli divenne paonazzo. Sapeva cosa fare.
“Fate alzare i caccia”.
Il cielo si riempì di uno sciame nero come la notte, pronto a qualsiasi sacrificio per difendere quel piccolo angolo di paradiso tra le nuvole.

III
Era lì davanti a tutti.
Axel il macchinista era riapparso dal nulla e raccontava storie che non stavano ne in cielo ne in terra.
Le ricerche erano state frenetiche sulla stazione mineraria PRC32 e come da protocollo Andy in persona se ne era occupato, frugando in ogni anfratto, cunicolo e condotto d’areazione. Ma niente da fare, il tecnico era svanito come un’ombra.
Ed ora eccolo lì, a parlare come un profeta.
Una folla attonita si era radunata intorno all’uomo e ascoltava incredula i suoi racconti: oltre la barriera esterna, dove la vita era impossibile, aveva visto con i suoi occhi montagne e valli ricoperte da una flora esotica incredibile, luci e colori psichedelici e creature d’alabastro alte come palazzi.
Andy si grattò la testa dubbioso e si chiese se quelle strane storie potessero essere il frutto di allucinazioni dovute allo stress, alla pessima alimentazione oppure...
“Oppure è il Prodimio...” Pensò colto da un lampo di genio. Effettivamente quel nuovo minerale che stavano estraendo dal sottosuolo non era stato ancora studiato a dovere.
E i suoi effetti a lungo termine sugli umani non erano noti.
Questo pensiero lo metteva in una posizione scomoda.
Se avesse diffuso una notizia del genere come minimo avrebbe fatto perdere miliardi alla METALco.
Forse per ora era meglio tacere.
In fin dei conti lui era solo un droide di sicurezza e al primo errore lo avrebbero rimpiazzato senza troppi problemi.

IV
A. riusciva a coprire ogni giorno enormi distanze in cerca di risorse.
Aveva sempre con sé un carrello su cui caricava gli oggetti più interessanti e un piccolo droide ricognitore arancione, OZ4, che lui aveva soprannominato Ozzy.
L’aveva trovato morente vicino ad un vecchio modulo di ricarica tra i resti di una città sconosciuta, che aveva come simbolo uno strano essere che allattava due bambini.
Di notte la luce verdastra di Ozzy illuminava il bivacco che A. allestiva per riposare il fisico esausto, mentre di giorno lo avvertiva della presenza di Metallici nella zona, lampeggiando forsennatamente se ne vedeva uno troppo vicino.
Nonostante ormai fossero indispensabili l’uno all’altro, A. non riusciva ad accettare completamente quella simbiosi.
Più il tempo passava e più di frequente gli tornava in testa l’idea che fossero stati gli androidi a ridurre il pianeta in quelle condizioni.
D’altronde nulla era sopravvissuto a parte lui. Nessun umano.
E lui era l’utimo rimasto.
Sua madre, che ormai era morta da molti anni, gli aveva insegnato tutto quello che sapeva per sopravvivere, ma era sempre stata vaga su ciò che aveva sconvolto la Terra. Forse aveva solo voluto proteggere la sua innocenza di bambino... Ma probabilmente neanche lei sapeva realmente cosa fosse successo e la verità si era persa nei secoli come polvere nel deserto.
Questi erano i pensieri che frullavano nella mente di A. e nessuno avrebbe potuto confutarli.
Ma un giorno tutto sarebbe cambiato.

V
“Con questo siamo a tre!”, urlò con soddisfazione Fumiyo, vedendo che il caccia che aveva appena colpito si era incendiato e stava perdendo quota.
La battaglia contro la nave sconosciuta stava infuriando già da diverse ore e ogni possibile dubbio iniziale sulle sue intenzioni era svanito.
La Akagi aveva a bordo scorte per sopravvivere diversi anni e numerose serre Automatix che garantivano quotidianamente frutta e verdura fresca all’intero equipaggio.
Possibile che qualcuno di bordo avesse comunicato quelle informazioni a estranei? Fumiyo lo escluse immediatamente, dal momento che conosceva personalmente ogni singolo uomo e donna di quella portaerei. Era nata e cresciuta con loro, ed erano la sua unica famiglia.
Evidentemente la nave nemica era sul punto di finire completamente le sue risorse e stava mettendo in atto il suo ultimo piano per sopravvivere. Semplicemente erano disperati.
E un nemico disperato era molto pericoloso.
Il vascello in lontanaza continuava a inviare trasporti carichi di soldati sperando di poter abbordare la Akagi e prenderla intatta con tutto il suo carico, ma i caccia giapponesi continuavano ad abbatterli come mosche.
“Sono rimasti in pochi” pensò la pilota colpendo a morte un altro velivolo.
Mentre faceva l’ennesima mossa elusiva per evitare i colpi nemici, il suo rilevatore di bordo si mise a suonare come un ossesso.
Un brivido le percorse la schiena.
Fece immediatamente inversione con il suo caccia e vide ciò che temeva più di ogni cosa.
Le fiamme avvolgevano lo scafo della Akagi.
Fumiyo non riuscì a trattenere le lacrime.

VI
La G.A.F METALco era l’entità più simile alla concezione antica di stato che si trovasse nel sistema solare.
Era nata circa 300 anni prima dalla fusione delle 3 più grandi aziende terrestri da cui aveva preso la sigla del suo nome, e negli ultimi decenni si era specializzata nel commercio di minerali rari con i Popoli Esterni, civiltà aliene che caricavano i loro cargo e poi sparivano nell’immensità dello spazio.
In quel momento di recessione economica, l’obiettivo della società era di spremere come limoni le stazioni minerarie sugli asteroidi. Da esse infatti si riusciva a estrarre platino, oro, nichel e cobalto che gli Esterni scambiavano con vagonate di Tikter, moneta accettata in tutto l’universo conosciuto.
Recentemente inoltre era stata scoperta una nuova terra rara mai vista che si preannunciava dovesse diventare molto richiesta grazie alle sue caratteristiche uniche. I suoi effetti sull’uomo non erano conosciuti, ma il fatto che l’azienda non si curasse troppo della sicurezza dei suoi dipendenti aiutava a tenere bassi i costi di gestione.
L’organo esecutivo della G.A.F, il Consiglio di Amministrazione Economica, era formato da un triumvirato che veniva eletto ogni 5 anni dalle Assemblee Superiori, formate dai più abili burocrati ed economisti della loro comunità.
Adesso era il turno di Ook III, Nerlot e weber, le cui discussioni erano appena state interrotte dall’arrivo di un messaggero.
“La Akagi è stata colpita e sta precipitando sulla terra” dichiarò quest’ultimo non nascondendo una certa soddisfazione.
I 3 capi si scambiarono occhiate di intesa e dopo aver congedato il sottoposto tornarono a discutere di affari. Dopotutto sarebbe stato troppo rischioso far entrare nel porto di Neoburg, la loro capitale, una nave di quella potenza distruttiva e con un’equipaggio non condizionato dalla loro propaganda.
Nakajima aveva tradito i suoi scambiando le coordinate della nave con un posto di rilievo nella GAF, e il Consiglio aveva tradito lui eliminando per sempre quella minaccia.
“Minimo sforzo, massimo risultato” disse Ook III ridendo, mentre si versava un altro bicchiere di vino.

VII
La situazione su PRC32 era diventata insostenibile.
Dopo l’episodio del macchinista, gli effetti del Prodimio avevano colpito ogni umano presente sulla stazione mineraria di Psyche. Tutto ciò aveva fatto calare in modo drastico la produzione di metalli dell’impianto e Andy era stato obbligato a conttattare il capo del reparto minerario GAF su Cerere, che aveva inviato una squadra scientifica per analizzare i fatti.
Andy, che insieme ai droidi trivellatori era rimasto immune alle visioni mistiche indotte dal minerale, si trovò ad essere l’unico membro della stazione in grado di spiegare in maniera esaustiva ciò che era accaduto.
L’equipaggio GAF era composto da una ventina tra medici e scienziati che come prima cosa si occuparono di portare nell’infermeria del veicolo spaziale appena atterrato tutti i minatori di PRC32 e le loro famiglie, un centinaio di persone in tutto.
Effettuato il trasbordo, AndY fu chiamato a rapporto sulla nave medica.
Si trovava seduto davanti ad una scrivania di legno chiaro, e di fronte a lui stava riverso su una poltrona in pelle quello che dalle mostrine doveva essere Un Commissario di Pace, ovvero un’addetto della propaganda della METALco. L’ufficiale sembrò apprezzare il fatto che il droide non avesse diffuso notizie allarmanti riguardo al Prodimio sui canali di informazione non ufficiali, e dopo aver ascoltato il rapporto dettagliato, tra una sbuffata di sigaro ed un’altra, fece entrare nella stanza un paio di guardie.
“Ti sei comportato bene con la tua azienda, ND17” disse il graduato. “Ne siamo molto felici. Adesso dobbiamo capire se continuerai ad avere una condotta simile con chi ha sempre apprezzato il tuo lavoro. Hai una scelta davanti a te: rimanere su Psyche ad occuparti della sicurezza del nuovo reparto di minatori che arriverà nei prossimi giorni, o essere... diciamo così, riconvertito”.
Il messaggio era chiaro.
Volevano che lui fosse un soldatino disposto come loro a sacrificare vite umane per il profitto.. ma Andy non era stato programmato per questo. Era un vecchio droide minerario costruito 100 anni prima, e a differenza dei robot GAF più recenti, che erano schiavi senza pensiero, lui era stato costruito per apprendere, aiutare gli uomini e salvaguardare la propria vita costata quanto 10 appartamenti a Neoburg.
Andy rimase immobile qualche istante, elaborando tutti i dati a sua disposizione.
La sua fuga fu talmente fulminea che i 3 uomini rimasero spiazzati.
Adesso nei corridoi bui della nave medica si riuscivano a sentire solo le urla indemoniate del Commissario di Pace.

VIII
Ozzy stava lampeggiando da alcuni secondi, roteando come un matto sopra la testa di A.
Il ragazzo prese dalla tasca il suo vecchio binocolo e iniziò a scandagliare l’orizzonte in cerca del Metallico che a quanto pareva si trovava vicino.
Dopo aver controllato la pianura, rivolse lo sguardo verso le colline alla sua destra e ne vide uno bello grosso: stava immobile, in uno stato che A. sapeva indicare l’inizio della morte di un robot.
Aumentò lo zoom del binocolo per controllarne meglio la superficie; sembrava un modello molto vecchio, a giudicare dalla ruggine che lo ricopriva, ma tra quelle lamiere arrossate si poteva ancora scorgere il logo Automatix quasi completamente scolorito. Un urlo di gioia uscì dalle labbra del ragazzo. Gli era capitato solo un altro paio di volte in passato di imbattersi in un robot-cargo Automatix e grazie a quelle benedette serre che vi aveva trovato all’interno era riuscito a sopravvivere interi mesi.
Sarebbe bastato solo immobilizzare definitivamente il Metallico senza intaccare le sue pile atomiche interne e il sistema automatizzato gli avrebbe garantito frutta e verdura fresca per un sacco di tempo.
A. ripose il binocolo e si mise a frugare nel carrello in cerca del suo M79, un antico lanciagranate che gli tornava sempre utile in quelle occasioni.
Caricata l’arma, lasciò Ozzy a fare la guardia alla sua attrezzatura e iniziò ad arrampicarsi sulla collina cercando di non farsi vedere dal bestione. Arrivato abbastanza vicino al Metallico, prese accuratamente la mira con l’arma e sparò un paio di granate all’altezza delle giunture delle gambe arrugginite, quanto bastava per vederlo afflosciarsi pesantemente su di un fianco. Mentre la gigantesca testa ancora si muoveva, il ragazzo si avvicinò ai container sulla sua schiena e cautamente ne aprì uno: conteneva almeno 4 serre, di cui 3 funzionanti. I suoi occhi si riempivano di gioia mentre, uno dopo l’altro, apriva tutti quei containers e trovava vegetali commestibili di ogni tipo. Affamato da molti giorni di digiuno, si scagliò contro una serra di pomodori e ne trangugiò avidamente quanti più ne potè.
“Se mi gestisco bene tutta questa roba riuscirò a sopravvivre settimane, forse mesi”, pensava A. mentre seduto sulla collina guardava, sazio, il tramonto.
E mentre organizzava mentalmente le razioni per i giorni successivi, vide in lontananza qualcosa che si muoveva. Prese rapido il binocolo e mise lo zoom al massimo. Una donna si aggirava vicino alla carcassa in decomposizione di un Metallico.
Il ragazzo rimase immobile, sgomento.

IX
La Akagi aveva subito gravi danni.
2 reattori erano parzialmente danneggiati ed uno era completamente inutilizzabile. Il deposito munizioni era esploso, squarciando lo scafo e uccidendo più di duecento persone. Solo la bravura dei suoi piloti caccia gli aveva garantito la sopravvivenza, poichè avevano eliminato la quasi totalità dei velivoli nemici, annullando la potenza di fuoco avversaria.
In quelle condizioni fu davvero difficile far atterrare sulla Terra la nave, la quale per miracolo non si distrusse completamente nell’impatto.
Ci sarebbero voluti mesi per ripararla e l’equipaggio non conosceva minimamente quel posto desolato. Avevano organizzato diverse squadre in cerca di risorse utili per le riparazioni e un giorno quella capeggiata da Fumiyo trovò un superstite di quel mondo crudele ritenuto disabitato da secoli.
Il ragazzo, che era sicuro di essere l’ultimo uomo dell’universo, li aveva accolti come Dei non credendo ai suoi occhi, abituati solo alla polvere e ai Metallici. Grazie al traduttore tascabile di Fumiyo, era riuscito a raccontargli tutto quello che sapeva di quella regione inospitale, dichiarandosi felicissimo di fargli da guida in cambio di carne di maiale e pollo, roba che lui non aveva mai visto e di cui aveva sentito parlare solo nelle favole di sua madre. Visto che il ragazzo diceva di non avere un nome, Fumiyo lo ribattezzò Daisuke, che nella loro lingua significava “grande aiuto”.
IL capitano Nakajima non usciva da giorni dalla sua cabina.
L’equipaggio credeva che fosse solamente scosso dagli eventi, ma le ragioni erano più profonde.
Aveva venduto la posizione della nave per diventare un membro GAF e l’organizzazione lo aveva tradito. Non sapeva cosa fare, era certo che se i suoi marinai avessero scoperto la cosa come minimo lo avrebbero impiccato alla torre radio. Era stato un momento di debolezza, si diceva. Non riusciva più a sopportare l’idea che il suo unico scopo della vita fosse quello di vagare ramingo nell’immensità dello spazio.
Tutta quella situazione lo faceva impazzire, e una dopo l’altra, fumava le sue sigarette alla menta in cerca di una soluzione. Forse adesso era ricercato, e i soldati METALco non avrebbero avuto pietà di lui. Lo avrebbero ucciso i suoi oppure lo avrebbe fatto la GAF. In qualsiasi modo mettesse la faccenda gli sembrava senza speranza. Mentre pensava a tutto questo, non riusciva a distogliere gli occhi dal deserto oltre i vetri della sua cabina, percorso di tanto in tanto da qualche bestione metallico.

X
La navicella di salvataggio sulla quale era riuscito a scappare Andy era stata sparata via dalla nave medica in orbita intorno a Psyche a una velocità tale che nessun velivolo presente sull’asteroide era riuscito a stargli dietro e forse non ce ne era stata neppure la volontà, dato che ormai il vecchio robot non era più utile agli scopi dell’azienda.
Il modulo di trasbordo CC47 vagava solitario nella fascia degli asteroidi tenendo di default la rotta che lo avrebbe portato su Cerere, sede sicura di morte per la sua vita artificiale.
Andy era indeciso sul da farsi, visto che in quella parte dell’universo la GAF la faceva da padrone, ed atterrare su una qualsiasi base impostata nel navigatore del veicolo significava per lui disattivazione certa.
Mentre scorreva frenetico con il dito metallico tra le varie opzioni di destinazione, i suoi occhi fotoelettrici si bloccarono su una scritta: Namar.
Questa forse poteva essere l’unica destinazione plausibile.
La base, situata sul piccolo asteroide carbonioso Cybele, era fondamentalmente un hub commerciale che aveva acquisito la propria indipendenza pagando una tassa periodica al governo centrale GAF. La sua posizione periferica infatti gli consentiva di avere scambi frequenti con i Popoli Esterni che inondando di ricchezze i suoi mercanti, avevano garantito ai suoi rappresentanti nelle Assemblee Superiori un discreto potere.
In un posto del genere un ricercato come Andy forse aveva ancora una speranza di sopravvivenza.
Dopo un attimo di esitazione, il robot impostò la nuova destinazione e salutò con un’ultima occhiata quel puntino all’orizzonte che per un secolo era stata la sua casa.

XI
“Dobbiamo mandare altra gente”, sbottò ad un tratto il generale GAF Heriksen, non nascondendo un certo disappunto.
Le navi polizia non erano bastate a sedare la rivolta che già da alcuni mesi stava imperversando su Titano, una delle tante lune di Saturno. Gli immensi laghi di metano del satellite infatti arricchivano solo l’opulenta oligarchia che governava il settore, mentre agli operai finivano in tasca solo le briciole.
“Ma dove diavolo hanno trovato le risorse per imbastire tutto questo casino?? Sono riusciti pure a assoldare navi mercenarie!!”
Si chiese agitato l’addetto alle trasmissioni navali, dietro cui si trovava impassibile il generale.
Ma quest’ultimo poteva indovinare la risposta.
Sicuramente i Popoli Esterni avevano foraggiato quella ribellione per indebolire il potere centrale GAF e allargare la propria sfera di influenza nella regione, ricca di risorse.
D’altronde lo stesso era successo nelle orbite di Urano e Nettuno, le quali solo formalmente si trovavano sotto il dominio di Cerere, ma di fatto erano governate dagli Esterni, che ne sfruttavano liberamente le ricchezze.
”Dobbiamo mandare la flotta’’ Esclamò risoluto il militare, convinto che, a quel punto, farsi vedere deboli sarebbe stato catastrofico. Comunicate le informazioni al Consiglio, ci vollero solo un paio di giorni per farsi approvare il piano di attacco.
Adesso nei cieli di Titano scintillavano le immense corazzate GAF, pronte a far fuoco contro chiunque avesse sbarrato loro la strada.

XII
Fu mentre venivano ultimate le riparazioni al secondo reattore della Akagi che Nakajima chiamò nella sua cabina Fumiyo.
Il capitano, tormentato dal segreto del suo tradimento da ormai 5 mesi, aveva raggiunto il limite.
Era convinto: avrebbe confessato tutto sperando nel perdono dei suoi, avrebbe ceduto il rango di capitano a Fumiyo, che si era dimostrata abile combattente, e si sarebbe ritirato a scontare il suo esilio forzato ramingo sulla Terra, tenendo con se un paio di serre Automatix e una decina di pile atomiche.
“Ironico”, pensava tra se e se. Aveva orbitato con la sua nave per decenni intorno al pianeta aspettando il momento in cui le condizioni fossero state favorevoli alla vita umana, con l’idea che lui non ci avrebbe mai messo piede, proprio come i suoi predecessori; ed invece adesso eccolo lì, pronto a passarci il resto dei suoi giorni.
Sulla faccia gli era appena comparso un sorriso di rassegnazione quando la porta della cabina si aprì ed entrò Fumiyo. Lei rimase sull’attenti anche dopo che il capitano le fece cenno di sedersi; forse aveva intuito che quello non sarebbe stato un discorso come gli altri.
Nakajima iniziò a raccontare i fatti dall’inizio, senza omettere nulla. Si era accorto troppo tardi dell’errore che aveva fatto e adesso aveva dei piani per lei: avrebbe preso il comando della nave e...
Una luce verde inondò la cabina.
Fumiyo teneva stretta nella sua mano la pistola laser ancora calda per il colpo sparato.
Una espressione di odio le deformava la faccia.
A causa del capitano erano morti decine di suoi amici...La sua famiglia...non lo poteva accettare. La rabbia aveva preso il sopravvento, si rese conto dopo che il suo sguardo si posò sul cadavere di Nakajima riverso dietro la scrivania...Però nella sua mente qualcosa era cambiato. Non riusciva veramente a dispiacersi di aver commesso quel gesto. Il suo equipaggio aveva bisogno di un leader forte se voleva cercare di sopravvivere e trovare finalmente il suo angolo di pace nella galassia.
Adesso toccava a lei.

XIII
Servivano materiali irreperibili sulla Terra per finire le ultime riparazioni della Akagi.
Per questo adesso Daisuke si trovava in viaggio su un cargo dal quale erano stati cancellati i simboli imperiali giapponesi, diretto a una stazione commerciale GAF.
Il ragazzo era stato scelto per la missione in quanto totalmente all’oscuro di dati compromettenti e analizzato dagli scanner METALco, sarebbe risultato completamente pulito.
A causa della sua inesperienza era stato affiancato a RB79, un droide navigatore pratico di armamenti. L’idea di mandare da solo l’automa venne scartata, perchè avrebbe potuto generare dei sospetti: per le grandi transazioni era sempre preferibile la presenza di un umano.
L’impresa era rischiosa.
Se la METALco avesse solo sospettato il fallimento dell’azione contro la portaerei giapponese, sicuramente li avrebbe torturati fino alla morte per farsi dare tutte le informazioni necessarie.
Proprio per questo ai due erano stati affidati falsi documenti di ritiro merce su carta intestata GAF, che il ragazzo fece vedere prontamente alla gendarmeria della stazione commerciale di Namar appena atterrarono nel cosmodromo 3B, proprio vicino al Grande Mercato.
I militari sfogliarono le carte senza troppa attenzione e diedero l’ok allo sbarco.
Daisuke camminava tra le bancarelle serio, non riuscendo a trattenere un certo malessere. RB79 stava in silenzio, indicando al ragazzo la merce interessante e pronto ad autodistruggersi in caso li avessero scoperti.

XIV
‘’Ci sono dei clienti, Rusty!’’
Sbraitò Hortez il mercante, indicando al suo aiuto robot l’ingresso della loro bottega. L’androide corse sbilenco verso il bancone e si trovò davanti due tipi, un umano e un robot, che non aveva mai visto prima.
“Come posso aiutarvi, signori?’’ Chiese con voce metallica.
Daisuke, che parlava grazie al traduttore di Fumiyo, cominciò ad elencare tutti gli oggetti di cui avevano bisogno.
Alcune volte RB79 andava in soccorso al ragazzo che non era riuscito a imparare a memoria tutta la lista che avevano preparato sulla nave.
Rusty li fece entrare in negozio e iniziò a mostrare affabile tutto quello che il mercante aveva in bottega.
Ad un certo punto, incuriosito dalla strana coppia, domandò: ma a cosa vi serve tutta questa roba?? sembra che abbiate qualcosa di grosso da riparare!” Il ragazzo che era stato preparato ad una domanda del genere, rispose cauto: ”Lavoriamo sulla stazione mineraria TSS2 e abbiamo avuto dei problemi con le caldaie a ioni, che sono esplose...”
E mentre Daisuke continuava a spiegare il perchè dell’acquisto, al robot si accese una lampadina.
Aveva lavorato per un secolo in una miniera ed era chiaro che la spiegazione dell’umano fosse del tutto inventata.
Si portò l’indice davanti alla bocca come per indicare ‘’silenzio’’ e fece cenno ai due di seguirlo.
Nel retrobottega dove nessuno poteva sentirli, spiegò cauto che lui si chiamava Andy e che aveva capito che loro due, proprio come lui, si trovavano sotto falsa identità su Namar. Gli disse che avrebbe potuto essergli di grande aiuto, dal momento che in memoria aveva miliardi di dati sulla GAF e sui depositi minerari più redditizi, che i due e gli eventuali compagni avrebbero potuto saccheggiare se in cambio lo avessero portato con loro.
Daisuke e RB79 in un primo momento spiazzati, si accordarono con Andy: li aveva scoperti e non lasciarlo sull’asteroide gli sembrò un’ottima idea. Se poi fosse stata vera la storia che raccontava l’androide avrebbero fatto bingo.
Daisuke strinse la mano metallica del robot e si accordarono sulla fuga, dopo aver ricapitolato tutta la lista di ricambi da comprare.

XV
Sulla superficie di Titano le truppe GAF erano riuscite a creare alcune teste di ponte, le quali faticosamente resistevano all’assalto degli indipendentisti.
Ai ribelli infatti non mancavano munizioni in quantità, artiglieria e mezzi pesanti, che non di rado riuscivano a sfondare le linee nemiche.
Nei cieli la flotta mercenaria contrastava con efficacia i ripetuti attacchi delle corazzate Metalco: la “Europe” era stata abbattuta e si era schiantata sulla superficie del satellite di Saturno, mentre la “Australia” e la “India” erano state pesantemente danneggiate e si erano ritirate.
Tra le file dei generali GAF nessuno si aspettava di avere perdite di tali dimensioni e tra i militari serpeggiava un certo disappunto. Il Consiglio stava discutendo già da giorni sulla possibilità di inviare le portaerei “America” e “Asia” con i rispettivi gruppi da battaglia per contrastare la flotta indipendentista, ma ciò avrebbe voluto dire sguarnire la fascia degli asteroidi, centro nevralgico del loro potere.
“Non abbiamo altra scelta!” Disse il triumviro Ook III, spegnendo con rabbia il sigaro di tabacco sintetico nel posacenere di fronte a lui.
“Dobbiamo convocare gli ambasciatori degli Esterni e firmare un patto di non aggressione per pararci le spalle” replicò Weber, che in quel momento stava guardando sullo schermo una cartina del sistema solare.
”Hanno sempre dichiarato di essere neutrali, ma penso che nessuno di voi, signori, metta in dubbio che dietro a tutta questa operazione ci siano proprio quei maledetti alieni!”
I due triumviri non poterono che assentire, dando il loro permesso al piano del loro collega.

XVI
I marinai sulla Akagi erano in un profondo stato di disagio.
La morte del loro capitano storico, anche se colpevole di un atroce tradimento, li aveva gettati nella confusione più totale.
Era chiaro che ad orbitare intorno alla Terra non ci fossero più altri giapponesi oltre a loro, e tutto ciò che li aveva sempre tenuti nell’atmosfera del loro pianeta originario, ovvero la speranza un giorno di poter atterrare e rifondare un grande impero, era svanita del tutto. Nessuno lo diceva apertamente, ma tutti si sentivano senza scopo. Quel mondo desolato era morto e mai più avrebbe rivisto fiorire la loro stirpe.
Diversi membri dell’equipaggio se ne erano andati volontariamente, ed erano spariti da un giorno all’altro, vagando chissà dove per i deserti del pianeta; molti altri erano in aperto conflitto con la nuova capitana, che vedevano come un’ usurpatrice bugiarda. Fumiyo dal canto suo cercava di placare gli animi facendo discorsi pieni di speranza sul ponte della portaerei, ma neanche lei sapeva fino in fondo cosa avrebbe fatto.
Una notte era stata svegliata di soprassalto dai fedelissimi che costantemente vegliavano sulla sua sicurezza. C’era un ammutinamento in corso e un paio di soldati avevano già perso la vita cercando di contenerlo. La ragazza si trovò spiazzata davanti a quella situazione. Quella era gente con cui aveva condiviso tutto, fin da appena nata. Ma dentro di lei ormai sapeva che l’unico modo per non vanificare le fatiche di una vita fosse mantenere l’ordine e la disciplina.
“Fermate la rivolta con ogni mezzo” ordinò cupa al comandante delle guardie.
Molti morirono, altri furono imprigionati ed esiliati.
Ma adesso sulla nave nessuno osava più mettere in dubbio il suo ruolo di capitano.

XVII
La nave cargo di Daisuke era appena atterrata sulla portaerei giapponese e una folla esultante le si era formata attorno.
Dopo la brutta storia dell’ammutinamento, l’atmosfera sulla Akagi si era stabilizzata: La ciurma aveva capito che la nuova capitana aveva la forza necessaria per portare avanti da sola la nave.
Fumiyo era in prima fila ad aspettare l’arrivo del ragazzo e quando il portellone si schiuse capì dallo sguardo fiero di quest’ultimo che la missione era andata a buon fine. Dopo che Daisuke scese sul ponte e lei ebbe la conferma definitiva, si lasciò andare ad un abbraccio senza freni. Ad un certo punto però sentì le guardie in allerta: sul cargo era presente infatti un robot che i giapponesi non conoscevano. Andy si ritrovò circondato da soldati con le armi spianate che gli parlavano in una lingua a lui incomprensibile.
Il droide, con le mani metalliche alzate, era rimasto immobile e il ragazzo faticò non poco a spiegare ai giapponesi che quello era un amico.
Dopo aver scaricato il contenuto del cargo, il gruppo composto da Daisuke, Fumiyo ed Andy si avviò verso la cabina del capitano per fare un resoconto preciso del viaggio e spiegare il perchè di quella presenza inaspettata.
Seduto su una comoda poltrona in finta pelle, Daisuke iniziò a raccontare i dettagli della missione e tutto ciò che era riuscito a comprare su Namar. Raccontò inoltre dell’incontro fortuito con Andy, il quale si presentò e dopo aver raccontato la sua storia, per sdebitarsi iniziò a fornire dati su una serie di ricche basi minerarie facilmente attaccabili dai suoi salvatori. Aggiunse poi con soddisfazione “Siamo stati fortunati a non essere scoperti: decine di navi GAF hanno fatto scalo su Namar dirette a Titano, e la base pululava di militari...”
Fumiyo che fino a quel momento stava ascoltando distratta e diffidente il robot, fissò lo sguardo su Andy.
“Su Titano, hai detto?”
“Si” rispose l’androide, “Credo che siano impelagati con una guerra o roba del genere...sicuramente dietro ci stanno gli Esterni, lo hanno capito tutti”
la capitana si voltò verso la mappa del sistema solare che stava alla sua destra: il satellite di Saturno si trovava a centinaia di milioni di kilometri dalla fascia degli asteroidi e ciò avrebbe garantito un ritardo notevole a rispondere a una loro eventuale incursione...

XVIII
La plancia di controllo dell’ufficio sicurezza 9 su Cerere stava lampeggiando da alcuni minuti.
L’addetto, che in un primo momento pensava a un malfunzionamento, cambiò idea immediatamente appena arrivarono le prime richieste di aiuto da alcune stazioni minerarie di ferro e nichel nel settore P.
I messaggi lanciati dagli asteroidi non lasciavano spazio a fraintendimenti: una grande nave stava seminando il panico nella zona, bombardando gli impianti di trivellazione e spazzando via le esigue forze di polizia presenti.
Il dipendente GAF cercò di mettersi in contatto con l’oggetto non identificato, ma non ottenne alcuna risposta.
Come da protocollo quindi informò la Guardia di Difesa Economica che prontamente inviò due navi veloci a vedere da vicino cosa stava succedendo.
Prima di essere distrutti, i velivoli GAF riuscirono a inviare alla base alcune foto che dimostrarono come quella non fosse una nave degli Esterni, cosa che in parte risollevò il morale generale, ma di un’altra fazione, che dopo alcune ricerche si dimostrò essere quella giapponese.
“Ma non era stata distrutta l’ultima nave di quei disperati?”
Domandò dubbioso il capoufficio, andando a scartabellare alcuni fascicoli che si trovavano in un mobile li vicino.
“Comunque dobbiamo avvertire il Ministero e ve lo dico, il colpevole di questo casino fa una finaccia!”
Urlò, gettando a terra con rabbia un faldone da cui uscirono innumerevoli fogli svolazzanti.

XIX
Dopo quasi un anno dal suo abbattimento, la Akagi era riuscita a tornare nello spazio e adesso si trovava in pieno territorio GAF, a bombardare impunita le miniere sugli asteroidi.
Accettare a bordo Andy si era rivelato fondamentale, dato che le sue informazioni dettagliate consentivano ai giapponesi di colpire gli impianti strategici dell’organizzazione, evitando di incrociare le basi della flotta nemica.
Secondo i piani di Fumiyo, queste azioni di guerriglia avrebbero rallentato in modo drastico la produzione di risorse in quel momento indispensabili all’industria bellica METALco mettendo l’azienda di fronte a un bivio: attaccare la portaerei con le poche e sparse truppe rimaste a difesa della fascia degli asteroidi (scontri non troppo impegnativi per la Akagi), oppure fronteggiare i giapponesi con parte della flotta disimpegnata dai combattimenti su Titano, rischiando di perdere la faccia con i Popoli Esterni.
Quest’ultimi poi non avrebbero esitato a sfruttare a loro vantaggio la situazione foraggiando altri ribelli sparsi nell’immenso stato GAF, tra cui i giapponesi.
In entrambi i casi Fumiyo e la sua ciurma avrebbero ottenuto vantaggi enormi, potendo gestire una eventuale trattativa da una posizione di forza.
il piano era ricco di incognite e la capitana in primis lo sapeva. Ma quella piccola possibilità di riuscita, che ogni giorno diventava più grande nella sua mente, le consentiva di comandare la nave e la sua ciurma con sempre più coraggio e determinazione, aspettando con ansia il giorno in cui sarebbe nato un nuovo grande impero:
il suo.

XX
L’ultimo tentativo disperato di fermare le incursioni dei giapponesi avvenne una mattina presto: la quarta flotta da guerra GAF si era presentata all’orizzonte intimando il cessate il fuoco.
L’armata era composta dalla corazzata “Canada” e da una manciata di navi di supporto, tutti modelli decisamente obsoleti, che evidentemente non erano all’altezza della potenza di fuoco giapponese.
Sulla faccia di Fumiyo era apparso un sorriso: la presenza di quelle navi era la dimostrazione che la METALco intendeva fronteggiare la portaerei con le sole forze rimaste a difesa di quel settore della fascia degli asteroidi, senza sguarnire i gruppi di attacco su Titano. La capitana iniziò a lanciare ordini senza perdere tempo: bisognava fare in fretta ed evitare che la corazzata si avvicinasse troppo alla loro nave.
Dal ponte della Akagi si alzarono repentini i caccia, gettandosi a velocità folle contro il nemico.
In uno di questi si trovava Daisuke, che nonostante non fosse addestrato come i suoi compagni, voleva avere la sua parte nello scontro finale.
La corazzata Aprì il fuoco contro la portaerei che però si trovava troppo distante per essere efficacemente colpita; la contraerea dell’ammiraglia e delle navi di supporto invece riusciva di tanto in tanto ad abbattere qualche caccia nipponico, che come ultima azione cercava di schiantarsi contro gli scafi nemici, generando più danni possibili.
Dopo qualche ora la situazione era chiara: la corazzata, pesantemente danneggiata non riusciva più a sparare e parte dell’equipaggio stava già fuggendo sulle navette di salvataggio; 3 navi di supporto erano state fatte completamente a pezzi, mentre le restanti si stavano ritirando faticosamente dalla battaglia.
La Akagi non aveva subito grossi danni, ma aveva perso diversi caccia.
La battaglia era vinta.
E mentre sul ponte di comando i marinai già festeggiavano rumorosamente, Fumiyo pensierosa sapeva che ancora nulla era detto, e che sarebbero stati i giorni successivi a decidere la loro sorte.

XXI
Nella sala del Consiglio c’era un continuo viavai di messaggeri che, data la criticità del momento, portavano all’attenzione dei triumviri le ultime notizie, sia dal fronte su Titano che dalle loro basi interne.
Da diverse settimane continuavano ad arrivare rapporti su quella maledetta portaerei che stava seminando il panico tra le miniere sugli asteroidi, e nonostante i 3 capi GAF avessero cercato di fermarla con i reparti navali non impegnati in guerra, nulla si era risolto. “la produzione è calata del 27% nel settore P, e di questo passo calerà ancora, miei signori. Inoltre sono andati perduti due interi convogli di rifornimenti diretti alla base D322 su Titano...” Riferì l’ennesimo impiegato, cercando di nascondere un certo timore.
I triumviri avevano già licenziato l’intero Ufficio Sicurezza 9, e visto il loro umore, il rischio di finire a lavorare in qualche miniera di nichel era più che tangibile.
I capi si guardarono tra loro spazientiti e dopo averne discusso per un po’ convocarono il generale Heriksen: bisognava capire se fosse possibile disimpegnare qualche nave dagli scontri presso Saturno e utilizzarla per contrastare i nipponici.
Il militare, richiamato in fretta e furia dal fronte insieme ai suoi consiglieri, espose in maniera chiara il problema: la ribellione si stava estendendo anche alle basi di Encelado e Dione, e sguarnire la flotta da guerra in quella situazione sarebbe stato catastrofico.
“Inoltre sconsiglio vivamente di assoldare mercenari per l’operazione, perchè nulla gli vieterebbe, affondata la portaerei, di darsi al saccheggio del settore, proprio come quei dannati giapponesi!”
Era chiaro a tutti che l’unica soluzione fosse trovare un accordo con la ciurma della portaerei.
D’altronde nessuno gli avrebbe vietato di riaffrontare il problema in un secondo momento...con l’intera flotta a disposizione.

XXII
Il portellone dell’hangar della Akagi si era appena richiuso, dopo che la piccola nave da trasporto GAF era atterrata al suo interno.
Nonostante la ciurma fosse stata avvisata dell’incontro, i soldati giapponesi erano rimasti in allerta, evitando di scaricare le armi, come una situazione del genere avrebbe richiesto.
Dal trasporto uscì l’ambasciatore METALco in giacca e cravatta, seguito da una decina di burocrati con valigetta nera. Fumiyo in alta uniforme stava sull’attenti di fronte al gruppo e dietro di lei si trovavano Andy e Daisuke, tirati a lucido per l’occasione. La capitana, fatto il saluto militare all’ambasceria, li invitò ad avviarsi verso l’aula congressi della nave, per iniziare la trattativa finale.
Seduti intorno al grande tavolo della sala, il gruppo stava discutendo da diverse ore, cercando di trovare un accordo favorevole ad entrambe le parti: la GAF spingeva per concedere una quota sui ricavi minerari ottenuti dall’Arcipelago di Hygiea, mentre Fumiyo e i suoi pretendevano la cessione di alcuni gruppi di asteroidi del settore P e la completa indipendenza.
Finalmente, dopo negoziati interminabili, si giunse all’accordo: i giapponesi si sarebbero impegnati a fermare le azioni di sabotaggio in cambio della cessione da parte del governo Gaf di un asteroide, sul quale finalmente i suoi avrebbero trovato una sede stabile. Questo sarebbe stato formalmente un territorio GAF, ma gli sarebbe stata concessa una parziale indipendenza in cambio di una tassa annuale.
Fu andy che ruppe lo stallo su quale asteroide ottenere: propose Psyche, un corpo celeste che lui conosceva molto bene e che sapeva, data la sua natura metallica, che avrebbe generato ottimi introiti negli scambi commerciali.
L’ambasciatore GAF non oppose troppa resistenza visto che quella stazione mineraria aveva già dato diversi problemi all’azienda e avrebbe richiesto una somma notevole per il suo ammodernamento.
Ottenuta l’approvazione da parte del Consiglio, il patto fu siglato; adesso i giapponesi avevano ufficialmente una nuova patria.

XXIII
La festa per la fondazione del nuovo stato su Psyche durò una settimana intera, tra banchetti e balli senza freni, in cui finalmente la capitana e tutta la sua ciurma poterono rilassarsi e godersi la vita.
Anche se l’accordo stipulato con la GAF non aveva accontentato completamente i giapponesi, era comunque un primo passo fondamentale verso la piena realizzazione del loro sogno di indipendenza e grandezza, che nessuno avrebbe potuto ostacolare.
Fumiyo, eletta quasi all’unanimità prima reggente di quel piccolo stato, sapeva che tanti sarebbero stati i lavori da fare per riorganizzare e ampliare la stazione mineraria che ribattezzò Jertaar, ovvero “origine” nella lingua Tannuk degli scambi internazionali.
La scelta di non usare più il giapponese era stata presa a malincuore, ma ogni membro della Akagi era consapevole che quello che stava nascendo era uno stato nuovo che ormai non aveva più nulla a che fare con la Terra.
Andy e Daisuke entrarono a far parte del neonato Aahret, ovvero il gruppo di consiglieri più vicini alla reggente, che si occupava della gestione economica della base e dell’organizzazione militare. Grazie alle conoscenze minerarie del droide si potè agire velocemente per sistemare la stazione dell’asteroide, colpita precedentemente dalla portaerei e poi abbandonata dai minatori GAF; il reparto di estrazione Prodimio inoltre fu isolato dal resto dell’impianto e fu totalmente automatizzato, consentendo agli umani di poterci convivere accanto e di poterlo facilmente commerciare.
Nessuno si sarebbe mai immaginato che il loro futuro sarebbe stato legato indissolubilmente a quello strano minerale.

XXIV
Erano passati circa 30 anni da quando Psyche vide apparire sulla sua superficie il popolo di Fumiyo e in tutto quel tempo molte cose erano profondamente cambiate.
Il Prodimio, inizialmente commerciato per le sue doti conduttive, si era rivelato molto più apprezzato come sostanza ricreativa: le sue visioni mistiche ora facevano parte della vita di milioni di persone nello stato GAF, profondamente decadente, e delle tante colonie che nel frattempo avevano trovato lo spazio per emanciparsi dal dominio di Cerere.
La guerra su Titano, nonostante fosse stata vinta dai triumviri, aveva prosciugato le risorse economiche dell’azienda, che, per far cassa, aveva concesso l’indipendenza a diverse regioni in cambio di denaro.
I giapponesi stessi avevano comprato la loro libertà una decina di anni prima, grazie all’enorme afflusso di soldi derivante dalla vendita della nuova droga in tutto l’universo conosciuto; dopo l’acquisto di alcuni arcipelaghi di asteroidi inoltre avevano proclamato con rito sacro la nascita dell’impero Jertaar.
Nella Sala Dorata, la Reggente Fumiyo I, stava adagiata sul suo trono ascoltando il rapporto economico di uno dei suoi consiglieri, mentre Daisuke, al di là di pesanti tende ricamate, fumava con lo sguardo perso nel vuoto un narghilè caricato di Prodimio.
Nella sua mente modificata dalla sostanza, il pensiero che tutti quegli avvenimenti non potessero che essere uguali a quelli avvenuti sul suo pianeta natale, distrutto dall’uomo stesso, lo faceva riflettere.
Non esistevano buoni e cattivi, ma solo interessi diversi che in un modo o nell’altro avrebbero portato l’umanità alla prossima evoluzione, e forse il Prodimio avrebbe accelerato questo processo, ampliando le coscienze di ogni singolo essere senziente della galassia. Se anche la loro razza si fosse estinta, l’Universo avrebbe accolto questo cambiamento con indifferenza continuando nei suoi meccanismi fino alla fine dei tempi.
E mentre pensava ciò, la stanza si era trasformata in pura energia che con lenti e vibranti raggi di luce colorata formava disegni caleidoscopici sopra la sua testa fatta di sogno.
Totalmente assorbito dalle visioni, il ragazzo sprofondò tra i cuscini e si addormentò.
